Le ferite invisibile dei giovani e le cure necessarie

Gli educatori, oggi, hanno il compito di attivare programmi strutturali dedicati alla prevenzione e all’ascolto, per aiutare i ragazzi e le famiglie.

Tre azioni caratterizzano l’opera di Padre Marco Cavanis, per curare le ferite nascoste dei giovani: “raccogliere, custodire, orientare”. P. Marco, nei suoi scritti e nella preghiera alla “Cara Madre Maria”, diagnostica e riassume le “ferite” della gioventù con poche parole: “abbandonati figlioli” e “povera figliolanza dispersa”, cioè senza una direzione e una meta.

Padre Marco, i ragazzi li andava a cercare per raccoglierli e custodirli, non aspettava che venissero spontaneamente. Faceva così soprattutto con i ragazzi abbandonati a se stessi, poveri, privi di sogni di futuro, senza istruzione.

Oggi, sono relativamente pochi i giovani che oggi frequentano gli ambienti educativi, la maggior parte si trova nei luoghi di divertimento, nelle attività sportive o nel “branco”, spacciano droga e sono armati. Spigoli e ombre caratterizzano i giovani e i loro desideri e affetti, a volte scomposti.

Secondo Papa Francesco, anche la realtà della gioventù è come un poliedro: “Se al poliedro si tolgono gli spigoli e si cancellano le diverse facce, lo si riduce a una figura piatta, senza spessore e senza profondità. Ma, se lo si valorizza con sapienza per ciò che è, se ne può ricavare un’opera d’arte”. P. Marco, durante la sua vita, ha curato le ferite dei giovani con abilità e saggezza. 

Così hanno testimoniato i suoi alunni e amici: “fortiter in re – in corde firmitas” affrontava le loro ferite con cuore e forza paterna; “suaviter in modo – in opere charitas” con gesti e modi di dolcezza materna; “clariter in verbis – in ore veritas”, con parole chiare, dirette e veraci. 

Educare non è trasmettere solo conoscenze ma è curare le ferite e le fragilità che abbracciano ogni aspetto dalla vita dei giovani, dalla sessualità, all’identità di genere, all’affettività, all’intelligenza.  Custodire vuol dire prendersi cura, con “speranza di frutto” e con una buona dose di autoironia, davanti alle difficoltà e incomprensioni nello svolgimento del lavoro di orientamento.

L’antitesi della fragilità adolescenziale e delle ferite dei giovani è la violenza dei giudizi e delle condanne. P. Marco, sapeva bene che la domanda di affetto è il nervo scoperto per ogni ragazzo ma è anche motore che ti fa esistere per qualcuno, non sei più invisibile.

La domanda di amore è tentativo di colmare una carenza, che non sarà mai saturata. Senza amore non c’è educazione né cura. I ragazzi vanno amati come “cari figlioli” con amore di piena gratuità, funzionale al benessere del ragazzo non al proprio autocompiacimento.

Il disagio giovanile, in una visione di educazione integrale, può essere la leva terapeutica fondamentale per trovare nei giovani stessi le risorse per attivare dei processi di cura e riparazione, altrimenti impossibili. Se trattiamo duramente i ragazzi che non riescono a verbalizzare e a spiegare la propria sofferenza, finiamo per non capirli.

Gli educatori, oggi, hanno il compito di attivare programmi strutturali dedicati alla prevenzione e all’ascolto, per aiutare i ragazzi e le famiglie. I ragazzi sono irrequieti, arrabbiati, hanno un carico di sofferenza che gli adulti possono solo intuire. Se il disagio psicologico degli adolescenti è preoccupante, quelli con background familiare in crisi rappresentano una fragilità nella fragilità. Il loro disagio spesso è “invisibile”, li fa sparire dai registri della società e nessuno sa perché.

Altre ferite sono l’isolamento, la chiusura, un muro che non si riesce a scalfire, la dipendenza dai social. Sono attratti da una cultura del consumo rapido di cose e informazioni, di svago istantaneo. Hanno poca propensione alla curiosità che richiede sforzo della ricerca, preferiscono trovare tutto risolto e presto con i mezzi tecnologici a disposizione, coerenti con la sindrome dei “like” da cui sono affetti. Non capiscono quanto nel funzionamento dei social ci sia una logica “economica” che, attraverso sofisticate analisi, riesce a profilare le loro caratteristiche personali e le mette adisposizione del “libero mercato”, creando allucinazioni pericolose di dipendenza dalla gestione autoritaria del potere/social.

Ragazzi, stare attenti a quello che dite o scrivete, perché non scompare nulla quando si cancella, in ogni comunicazione si metti in gioco la propria vita, ogni vostro testo può essere un pretesto per altri nonostante le vostre migliori intenzioni.  

P. DIEGO SPADOTTO, CSCh

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