Sinodo Amazzonia: I nuovi cammini e le malattie pastorali

Troppo spesso di parla di “nuove vie”, ma si ripropongono “vecchi” schemi ideologici.

Formazione.
Formazione.

Troppo spesso di parla di “nuove vie”, ma si ripropongono “vecchi” schemi ideologici. La Chiesa non è una Ong senza mistero. Il secolarismo rende timida la testimonianza. È in atto una deforestazione spirituale, di cui ne approfittano le sette pentecostali. Vi sono tretipi di Alzheimer pastorale che influiscono sulla sterilità evangelizzatrice anche in Amazzonia.

Antropologismo culturale: 

Talvolta l’insistenza sulla testimonianza è tale da pretendere che essa sostituisca l’annuncio. A questo proposito, Paolo VI, nel documento fondamentale sull’evangelizzazione Evangelii nuntiandi (22) ci dice: “Tuttavia ciò resta sempre insufficiente, perché anche la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata – ciò che Pietro chiamava ‘dare le ragioni della propria speranza’ –, esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù. La Buona Novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita. Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati”.

Moralismo sociale:

In più di un luogo si sentono espressioni del genere: “Quando la gente ha bisogno di servizi viene da noi (Chiesa cattolica), ma quando cercano un significato alla loro vita va da altri (evangelici ecc.)”. È evidente e costatabile che la Chiesa, volendo essere “una Chiesa samaritana”, ha dimenticato di essere una “Chiesa Maddalena”: è una Chiesa che fornisce servizi ma non annuncia la gioia della risurrezione del Signore. L’impegno sociale della Chiesa, nell’evangelica opzione per i più poveri, è stata ed è un’enorme ricchezza, concretizzatasi in molteplici iniziative a favore della salute, l’educazione, la difesa dei diritti umani, la difesa delle terre indigene, l’organizzazione sociale delle comunità, le cooperative di produzione, la salvaguardia dell’ambiente…

Questo impegno per la dignità della persona, senza dubbio è stato e continua ad essere un aspetto costitutivo del processo di evangelizzazione, che esprime la dimensione diaconale della Chiesa. Il problema sorge quando questo genere di attività assorbe il resto della vita e i dinamismi della Chiesa, lasciando in ombra, messe a tacere o date per scontate le altre dimensioni: kerigmatica, catechetica, liturgica, la koinonia.

Una predicazione fortemente segnata da “moralismo sociale” con tematiche e dinamiche a volte fortemente cariche di ideologia e di riduzionismi sociologici non è stata capace di toccare le fibre del cuore del popolo. Questo è uno dei peccati teologici-pastorali di difficilissima conversione, in cui a fatica si riconoscono certi squilibri e le radicalizzazioni che hanno resa sterile la nostra pastorale, provocando una deforestazione spirituale.

Secolarismo:

Un terzo Alzheimer è il secolarismo, è una sfida globale. Ma il problema principale non sta nelle pressioni culturali dell’ambiente dominante, ma nel fatto che una Chiesa si secolarizza, quando i suoi operatori pastorali interiorizzano le dinamiche di una mentalità secolarizzata: l’assenza o una manifestazione molto timida della fede quasi chiedendo perdono.

Le conseguenze di queste opzioni o influenze pastorali, senza dubbio, si riflettono nella sterilità vocazionale o nella mancanza di perseveranza nel percorso intrapreso, per l’assenza di motivazioni profonde. Nessuno lascia tutto per essere un animatore sociale; nessuno consegna la propria vita a un’“opinione”; nessuno offre l’assoluto della sua vita a qualcosa di relativo, ma solo all’Assoluto di Dio. Quando questa dimensione teologica e religiosa non è evidente, chiara e viva nella missione, non ci saranno mai opzioni di radicalismo evangelico, che è un indice che l’evangelizzazione ha toccato l’anima di una comunità cristiana. Le vocazioni sacerdotali autentiche ci saranno solo quando si stabilisce una relazione autentica, esigente, libera e personale con la persona di Cristo.  Così come parliamo di ecologia integrale, dobbiamo tenere presente l’evangelizzazione integrale. Senza processi di evangelizzazione integrale, non solo non ci saranno vocazioni, ma non ci saranno cristiani.

P. Diego Spadotto, CSCh

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