I giovani hanno sete di Dio, ci crediamo?

Preparazione per il Capitolo Generale 2019.

Formazione.
Formazione.

Il Documento conclusivo del Sinodo sui Giovani propone anche a noi Cavanis alcune linee di azione pastorale e ci lascia con tanti interrogativi in cuore e in testa:

  1. Dicono i giovani: “abbiamo sete di Dio, anche quando questa sete non è inquadrata dentro percorsi, riti, momenti “tradizionali” che sentiamo spesso lontani e difficili da comprendere, come la Messa, a cui molti di noi non partecipano più. Ci manca una adeguata educazione alla preghiera personale”.
     
  2. “L’azione pastorale con i giovani è un’arte e gli artisti inventano e si rinnovano. La novità non consiste solamente nel sostituire uno schema un altro, una iniziativa con un’altra. Non è un gioco di sperimentazioni, come non lo è la vita: una volta sola si vive e non è possibile farne la prova in anticipo. La vera novità è in profondità umana e spirituale di ogni schema o iniziativa”.
     
  3. “L’uomo è vivo finché attende! L’attesa è una dimensione che attraversa tutta la nostra esistenza personale, familiare e sociale. Non c’è cosa più amara di una vita senza attesa. Oggi viviamo in una società senza speranza e senza Dio, come diceva San Paolo dei pagani del suo tempo. La speranza è attesa e solo chi spera ha fiducia nei giovani ed educa”.
     
  4. “l pregiudizi nei confronti dei giovani sono come dei cecchini che colpiscono chi si muove, chi vive, chi tenta di fare qualcosa, chi opera il bene. Sono la difesa dei vigliacchi, lo scudo degli ignoranti. La fedeltà ai giovani è il nome di un amore vero, coerente e profondo”.

L’uomo moderno, malato di “giovanilismo”, vive come se non dovesse morire mai, e poi muore senza aver davvero mai vissuto. Quando poi arriva il momento del vuoto esistenziale, sente un improvviso bisogno di senso, che lo obbliga a cercare di risorgere, che non significa semplicemente ricominciare, cavarsela con un po’ di plastica facciale o una cosmesi. 

Risorgere, significa liberarsi del proprio fardello di vuoto esistenziale, non riciclarlo, buttare il superfluo, selezionare l’essenziale, fare una pulizia a fondo nella vita e ritrovare il gusto di vivere con i giovani come P. Antonio e P. Marco Cavanis, santi di spirito gioioso, sempre giovani, “risplende in loro la forza e la grazia del Signore”. 

La Grazia agisce sia attraverso i nostri limiti e sia attraverso i talenti che il Signore ci dona.  «Che noia», dicono molti religiosi quando si tratta di studiare, leggere, mantenersi attualizzati nella pastorale giovanile attraverso i documenti della Chiesa. Noia «artificiale», presente quando smettiamo di cercare di scoprire qualcosa di nuovo. Scoprire significa letteralmente “togliere il coperchio”.

Non si scopre niente di nuovo se non si toglie il coperchio della pigrizia, della presunzione di sapere già tutto, ecc. Le informazioni virtuali dei media non ci mettono a confronto con la «dura realtà in cui vive la gioventù». Lo schermo del computer e del cellulare non apre le porte giuste ma ci scherma dalla dura realtà del mondo giovanile.

Cosa fare per vincere la noia artificiale? Leggere un libro? E troppo lungo. Troppo lungo rispetto a cosa? Si sta soddisfacendo il bisogno di consumare novità, a scapito di profondità e comprensione, di intelligenza, intesa come “leggere dentro”, e non una mente «da cavalletta» che salta in continuità e non fa esperienza. Siamo liberi e intelligenti o stiamo diventando cavallette? Se non lavoriamo con i giovani per lo meno ci interessiamo di loro?

P. Diego Spadotto, CSCh

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