Per preparare e vivere bene il Capitolo: Preghiera e discernimento

Preparazione per il Capitolo Generale 2019.

La Commissione pre capitolare da tempo ha invitato i religiosi Cavanis a collaborare per la realizzazione del Capitolo generale 35°, attraverso il “discernimento comunitario… è la singola comunità locale che pone domande al Capitolo… perché una comunità che non avesse aspettative non avrebbe futuro”. 

Quale sarà il discernimento comunitario delle “comunità” nell’Incontro fraterno della provincia del Brasile, nell’Assemblea regionale della Regione Andina, delle comunità italiane o delle piccole “comunità” di 2 soli religiosi? Siamo abituati a salire gradini per avere successo, per padroneggiare ogni processo di crescita senza fare troppa fatica nel riunirsi, dialogare e ascoltare. Certo non sarà solo questa fatica a portarci al traguardo. Non siamo buoni giudici della nostra vita religiosa.

Non c’è preghiera e discernimento “senza fatica”, così come ci propongono di imparare una lingua “senza fatica”. Due episodi dei Vangeli di Marco e Giovanni aiutano a capire come sia importante la fatica del discernimento e della preghiera. Il brano di Mc 6, 45-52, chiarisce quale deve essere la “fatica” da fare:“Subito dopo che (i cinquemila uomini furono saziati) Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca  e a precederlo sull’altra riva, a Betsaida, finché non avesse congedalo la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare”.

Gesù è risoluto  nell’impartire un ordine. La cosa che più colpisce sta nel fatto che questo comando riguarda la salute dei discepoli. Infatti, li obbliga a una pausa e anche lui se la prende. I discepoli devono prendersi un tempo per loro. Gesù rimane solo a congedare la folla. Manda i discepoli al di là del lago. Erano stanchi per il lavoro fatto nel distribuire il pane alla folla. Datevi un po’ di tempo, io vi raggiungo dopo, sembra dire Gesù, e si ritira sul “monte a pregare”. 

A Gesù non stanno a cuore i nostri eroismi, il nostro correre, il non fermarci mai. A Gesù sta a cuore la salute fisica, mentale e spirituale dei suoi discepoli che sono a servizio del popolo. Qualunque cosa facciamo nella vita, dobbiamo liberarci dalla logica aziendale di produrre in continuità, come macchine. 

Gesù, congedata la folla va sul monte a pregare. La preghiera per Gesù è l’ossigeno che lo riporta al perché è venuto al mondo e si è incarnato, non è un rito, un dovere, un’abitudine, è una necessità. La vita con i suoi ritmi, molto spesso porta fuori rotta, fa vivere in funzione di dettagli che non hanno valore. La preghiera e il discernimento fanno tornare a ciò che conta, a Cristo, nel cuore di ogni tempesta della vita. Lui non è un fantasma. Alla fine, l’evangelista annota il fatto che non avevano ancora capito: “il loro cuore era indurito”.

Analoga difficoltà la troviamo nel capitolo 21 del Vangelo di Giovanni. Gli apostoli vanno a pescare. Pietro è nudo sulla barca. Appare Gesù, Pietro si veste e si getta in acqua. Si veste per gettarsi in acqua? Adamo, sorpreso dalla venuta di Dio si sente nudo e si nasconde. La nudità di Adamo e quella di Pietro è la perdita di fiducia in Dio. Pietro non si nasconde, come Adamo, ma si butta in acqua, e ritrova la fiducia in Gesù. Alla fine, dopo aver mangiato il pesce appena pescato, Gesù gli affida la Chiesa. 

Gesù conosce ciascuno personalmente, conosce la durezza di cuore e la difficoltà a pregare e a fare discernimento. Non ama l’umanità in astratto, ma ama uno per uno. Ogni suo discepolo è un eletto. Il suo amore non è qualcosa di dovuto, una legge universale al pari della legge di gravità. È un dono gratuito e libero. Il tempo di preparazione al Capitolo e il Capitolo stesso sono un tempo privilegiato per riconoscere la nostra debolezza e le nostre infedeltà, per ristabilire con Dio e con i fratelli relazioni vere, fatte di preghiera e discernimento, e rivestirsi di Cristo. Ogni amore umano è fragile, incerto.

C’è una differenza troppo trascurata tra il pentimento, che è il dispiacere per aver offeso o trascurato Gesù, e il senso di colpa. In generale, il senso di colpa è solo una variante del nostro egoismo: mi credevo forte e superiore e invece ecco dove sono finito. Ho bisogno di essere “costretto” da Gesù a fare discernimento e a pregare.

P. Diego Spadotto, CSCh

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