Educare è camminare insieme

I Cavanis hanno fatto come scelta di vita lo stare e il camminare con i ragazzi, e i ragazzi si sono sentiti scelti dai loro cari padri.

Formazione.
Formazione.

Ho scelto il verbo “camminare con” quale paradigma di interpretazione dell’impegno educativo. Alcune espressioni molto comuni, nel nostro linguaggio, possono aiutare a capire la serietà dell’impegno educativo dentro le stesse modalità del camminare: “strada facendo…”, “lungo la strada”, “il cammino della vita”, “fare discorsi rassegnati e delusi lungo il cammino”, “riprendere il cammino con gioia”… I genitori educano i figli camminando e crescendo con loro. 

Dio, secondo la Bibbia, educa e fa crescere il popolo d’Israele, camminando e facendo la storia insieme, come Padre. Gesù ha educato e formato i suoi discepoli camminando con loro e affrontando insieme tutte le sfide che il quotidiano presentava. Mi sembra, quindi, che la funzione di chi educa come “pedagogo” sia da sempre, e anche oggi, quella di conoscere i ragazzi aiutarli a tirar fuori da se stessi tutto il loro potenziale camminando insieme. 

Ora, conosce e cammina insieme quell’educatore che con i ragazzi ci sta e ci vive. Nel caso degli Insegnanti/educatori, dentro il mondo della scuola, la loro missione di camminare insieme è una funzione temporanea, per ovvie ragioni. Per P. Antonio e P. Marco Cavanis invece è stata una scelta definitiva nel tempo. Hanno vissuto intensamente e per tutta la vita questa funzione pedagogica e cristiana: conoscere, vivere e camminare insieme ai ragazzi per condurli al Maestro, Cristo. Nelle strade della vita sono stati per i ragazzi, buoni compagni di viaggio: “i confidenti discreti e pazienti, gli animatori ottimisti, il segno della speranza anche quando è difficile sperare”. Non lasciavano cadere dall’alto i loro insegnamenti; semplici compagni di viaggio, angeli buoni, come il biblico angelo Raffaele che ha accompagnato Tobia. Giovanni Paolo II, scrivendo ai Cavanis nel Bicentenario della Congregazione, fece riferimento proprio al testo sopra citato delle Costituzioni Cavanis, mettendo in risalto come i Cavanis avessero scelto e avessero camminato con i loro “figli e figlie”, i giovani e le giovani delle loro scuole. Del resto, nel suo cammino sacerdotale, Giovanni Paolo II, specialmente prima di diventare Papa, aveva scelto di camminare e vivere con i giovani come compagno di viaggio e di crescita. 

Oggi molti dei così detti educatori, che a parole dicono di dedicarsi alla gioventù, non solo non vivono con i ragazzi ma nemmeno li hanno scelti come missione per vivere con loro. I Cavanis hanno fatto come scelta di vita lo stare e il camminare con i ragazzi, e i ragazzi si sono sentiti scelti dai loro cari padri. Insieme, padri e figli, fidandosi della Provvidenza, si sono messi in gioco, hanno camminato e cercato perché il cercare è qualcosa che realizza e completa la natura della gioventù e la sua vocazione. I giovani hanno trovato nei Cavanis, qualcuno a cui affidare i loro sogni di felicità e le loro paure a riguardo del futuro. 

P. Antonio e P. Marco, da parte loro, hanno accolto volentieri l’invito a camminare insieme e hanno offerto ai giovani una traccia per un programma di crescita umana e spirituale che non fosse solo realizzazione individuale ma realizzazione comunitaria, con ruoli ben chiari di servizio nella scuola e nell’oratorio, dove il più grande e il primo doveva farsi ultimo e mettersi a servizio degli altri.

Il cammino educativo, se fatto insieme, giovani ed educatori, crea naturalmente un legame paterno e filiale. La strada dell’educazione è lunga ma rende possibile una migliore conoscenza reciproca e rafforza i legami che si creano, nella costante del “viaggio” della vita. Gli educatori possono perfino capire le cosiddette “trasgressioni” dei giovani; i tentativi di cercare altre strade che non siano quelle del bene che sono state loro insegnate e testimoniate. “La stessa parola “trasgressione” significa di per sé l’azione di chi muove il proprio passo al di là, al di fuori, oltre il tracciato, il percorso stabilito”. Nei giovani il primo effetto della “trasgressione” è l’allontanamento dal luogo di origine, dalla propria identità di figli, dalla scuola, dall’oratorio. E’ l’andare errando senza uno scopo e una direzione. Vera emergenza educativa. I Cavanis, nel loro tempo, parlavano di “ tanta povera gioventù dispersa”. 

Oggi è il nostro turno di vivere in questa emergenza educativa di dispersione giovanile, di ragazzi rubati dei valori fondamentali, degli ideali e della sicurezza affettiva. della credibilità di genitori ed educatori. Ma chi disperde la gioventù? Per i Cavanis quando la gioventù perde la possibilità e la libertà di scelta, perché non c’ niente da scegliere, viene automaticamente dispersa, diventa schiava dell’ignoranza, dei condizionamenti sociali e delle ideologie. Ma i giovani dispersi, se qualcuno li aiuta, possono “ritrovare la strada giusta”, ritrovare se stessi, ritrovare il Padre e la propria identità di figli; possono liberarsi dalla schiavitù e quindi ritrovare la felicità. Scrivono i Cavanis: “Una innumerabile quantità di giovani abbandonati ad occhi aperti corrono ad ingrossare il torrente della odierna scostumatezza, finché non si applichi a tanto male un rimedio proporzionato al bisogno… (Scarica per leggere il seguito)

P. Diego Spadotto CSCh

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