Siamo uomini di poca fede o di fede provata e creativa?

P. Antonio e P. Marco Cavanis hanno affrontato proprio così i molti momenti difficili degli inizi della Congregazione e tutto il suo sviluppo.

Il momento storico in cui avverrà il Capitolo generale 2019, sarà molto importante per la nostra Congregazione, per questo deve essere preparato e affrontato con serenità, coraggio, preghiera e fiducia nella Provvidenza.

P. Antonio e P. Marco Cavanis hanno affrontato proprio così i molti momenti difficili degli inizi della Congregazione e tutto il suo sviluppo. Speriamo che nessuno preferisca non pensarci,  perché preoccupato solo di se stesso o di un “posto” sicuro per il resto della vita, disinteressandosi di conoscere e acquisire competenze storiche, linguistiche e culturali sulla nuova fisionomia che la Congregazione sta assumendo. Nostalgie, calcoli, amarezze, risentimenti personali, non risolvono le problematiche che la Congregazione è chiamata ad affrontare oggi e nel prossimo futuro. 

“Avere dubbi e paure non è peccato; è peccato permettere a queste paure di alimentare ostilità e rigetto” (Francesco).

Riformare le istituzioni, senza che le persone si convertano, è un lavoro inutile. Nel Capitolo, il Signore non chiede di cucire “un pezzo di panno nuovo su un vestito vecchio”, ma chiede una vera metanoia perché anche  ognuno di noi rinserra in sé non uno ma tre uomini diversi: quello che uno crede di essere, quello che gli altri dicono che sia e il terzo quello che realmente é. Inoltre i “ruoli” che esercitiamo o abbiamo esercitato non certificano sapienza, discernimento, rettitudine morale, fede creativa.

La fede cambia la vita? Quanti sono chiamati al Capitolo devono farsi questa domanda e chiedersi se hanno autorevolezza e strumenti adeguati per svolgere il loro compito.

Non si può confonde la fede creativa con certi comportamenti stereotipati, esteriorità, sentimenti ed emozioni. Per il cammino di formazione alla vita consacrata Cavanis e per “generare alla fede i giovani religiosi”, il Capitolo proponga un nuovo equilibrio e nuovi contenuti che rispettino l’attuale fisionomia interculturale della Congregazione,  altrimenti l’edificio morale della Congregazione rischia di perdere la freschezza del Vangelo e di cadere come un castello di sabbia. 

La proposta evangelica, semplice e gioiosa, di seguire Gesù deve trovare modalità culturali appropriate per un vero incontro con il Signore.

La fede cambia la vita se chi la trasmette lo fa con umiltà e gode di autorevolezza.

Le parole vuote è meglio lasciarle perdere. È preferibile dare concretezza alle parole: ascolto, gioia, coerenza, povertà, solidarietà,  carità, “povera gioventù dispersa” e pensando non a se stessi ma a quanti ci succederanno, come ha fatto Gesù che pensava agli apostoli che lo avrebbero succeduto. 

La fede è creativa, cambia la vita se con umiltà studiamo le ferite della nostra storia personale e ne accogliamo i limiti. La fede è una partita che si gioca prima di tutto qui e ora, nel bene e nel male.

In questi anni è stata rapida la crescita internazionale e multiculturale della Congregazione, ma noi siamo rimasti un “piccolo Davide” che per combattere le battaglie della vita si è vestito, per quanto riguarda la legislazione, con l’armatura di Saul e, a volte, di Golia, più che “rivestirsi di Cristo”. 

Davanti all’attuale multiculturalità e internazionalità e ai rapidi cambiamenti antropologici e sociali,  chiediamo che il Capitolo faccia una revisione e una semplificazione delle Costituzioni e Norme nella PARTE SECONDA, cap. III Governo intermedio e cap. IV Governo locale. La realtà delle nostre comunità non è più quella presentata in questi capitoli. 

La maggior parte di questa legislazione può diventare un regolamento a parte, aggiornato e rivisto ad ogni Capitolo generale o lasciato alla normale attività di governo del Consiglio generale, conforme lo sviluppo della Congregazione.

P. Diego Spadotto, CSCh

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