Presenza Cavanis in Amazzonia

Non si tratta solo di tentare di risolvere i problemi dell’educazione quanto, soprattutto, di generare processi mettendo i giovani e i ragazzi in grado di creare il loro futuro in una Terra vivibile.

Durante il Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia, più volte è stato affermato che sul tema dell’educazione serve una vera “rivoluzione culturale” a servizio dei “crocifissi del nostro tempo”. Non si tratta solo di tentare di risolvere i problemi dell’educazione quanto, soprattutto, di generare processi mettendo i giovani e i ragazzi in grado di creare il loro futuro in una Terra vivibile. Si moltiplicano nel mondo tante situazioni di ingiustizia che il Papa ha definito “una terza Guerra mondiale combattuta a pezzi”, si va dalla tratta di esseri umani, alle espressioni di xenofobia contro gli indigeni, dalla ricerca egoistica di interessi nazionali alla disuguaglianza fra Paesi e al loro interno. Tutte queste violenze crescono con “progressione geometrica”, fino alla violenza contro la Casa comune che colpisce soprattutto i più poveri.

La nostra ventennale presenza Cavanis in Amazzonia, nelle Prelazie di Itaituba e di Altamira e nella diocesi di Sinop, conosce questi “mali sociali” radicati nelle strutture di una società con un potenziale di dissoluzione e morte. Serve un lento lavoro di trasformazione delle strutture, soprattutto attraverso l’educazione della gioventù. Un impegno creativo che ha sempre bisogno di rinnovamento in una società dai cambiamenti veloci. Quale discernimento dobbiamo fare sul nostro apostolato in Amazzonia? Il Papa chiede che il cambiamento parta dai poveri stessi e, ricorda che quando i più umili si organizzano, diventano “autentici creatori di lavoro, costruttori di case, produttori di cibo, soprattutto per coloro che vengono scartati dal mercato mondiale. L’apostolato sociale è per risolvere problemi? Sì, ma soprattutto per promuovere processi e incoraggiare speranze. Processi che aiutino a far crescere le persone e le comunità, che le portino a essere consapevoli dei loro diritti, a dispiegare le loro capacità e a creare il proprio futuro”. Oggi, purtroppo, “la terra non è la madre che nutre ma una donna abbandonata da sfinire. Un oggetto di consumo dove il sacro è un intralcio”.

Proclamare la fede e promuovere la giustizia sono due sfide radicalmente unite.  Nella “povera gioventù dispersa” i Cavanis trovano un luogo privilegiato di incontro con Cristo, un “dono prezioso” per la loro vita. Il nostro mondo, spezzato e diviso, ha bisogno di educatori costruttori di ponti, affinché l’incontro umano permetta a ciascuno di scoprire nei giovani più poveri il volto del fratello la cui presenza richiama l’attualità della missione Cavanis. I giovani, in tutto il mondo stanno prendendo coscienza che la questione climatica è la più seria sul pianeta Terra, e che l’Amazzonia è il suo epicentro per il futuro dell’umanità. Le prelazie di Itaituba e di Altamira e la diocesi di Sinop sono un concentrato di tutte le questioni: distruzione della foresta, minacce alle popolazioni indigene, impatto di gigantesche centrali idroelettriche, aperture di miniere d’oro, ecc. Per ragioni geografiche e di grandi interessi economici tutto continua a ruotare attorno a queste terre, dove fiumi “sacri” per decine di tribù indigene e foreste preziose assicurano vita a tutta l’umanità.

P. Diego Spadotto CSCh

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