La sinodalità è il cammino migliore per affrontare la crisi della nostra vita consacrata

La sinodalità, è una chiamata di Dio e nell'ascoltarla dobbiamo avere un atteggiamento di gratitudine. È davvero una benedizione.

In cammino sinodale per riscoprire l’anima della spiritualità Cavanis ormai ridotta a alcune “pratiche di pietà”, alcune tradizioni fuori contesto, lontana dalla vivacità del carisma affidatoci dai P. Antonio e P. Marco Cavanis e testimoniato umilmente da P. Basilio.

La vita religiosa Cavanis vive in un mondo opaco, in cui la distinzione tra gioiosa fedeltà al Vangelo e mediocrità sbiadita troppo spesso è un’illusione prospettica. Ci gloriamo del passato continuando a vivere un presente contradditorio.

La sfida, è navigare in questo mare opaco, cercando di fare ordine tra le tante contraddizioni che ci investono come onde minacciose. La rotta di navigazione non si fonda su certezze ma sulla capacità di rendere conto delle nostre scelte quotidiane, in cammino sinodale e “unità di intenti”, nello stile credibile di vita consacrata e nel vissuto autentico del carisma. La sinodalità, è una chiamata di Dio e nell’ascoltarla dobbiamo avere un atteggiamento di gratitudine. È davvero una benedizione.

Si tratta di rispondere alla volontà di Dio,nella Chiesa del terzo millennio, ricostruendo pazientemente la pastorale giovanile in sinodalità. É un percorso di kenosis, dove occorre fare spazio al Vangelo in un cammino di vera conversione e trasformazione. Il discernimento sinodale consiste nell’ascoltare lo Spirito in noi e negli altri, come un dono con un atteggiamento di gratitudine. 

La sinodalità è un percorso creativo.  Più riusciamo a discernere la sinodalità come un dono del Signore, più diventeremo creativi scoprendo nuove modalità di vivere la nostra consacrazione ai giovani, quali sono le situazioni più urgenti da affrontare, le priorità da selezionare e le lacune di spiritualità da riempire.

E un lavoro intenso e non facile è importante avere una metodologia per arrivare poi a decisioni sagge e coraggiose, in ascolto dello Spirito. Se la vita religiosa sinodale si ferma, succede come a un fiume che arriva a uno sbarramento: si trasforma inevitabilmente in un pantano o una palude. Origene, nel III secolo della storia della Chiesa, osservava che non basta «essere rinnovati una volta sola; bisogna rinnovare la stessa novità». Lo Spirito è, per sua natura, novità. Il mondo, la società non si sono fermati, ma hanno subito un’accelerazione vertiginosa. I mutamenti che un tempo avvenivano in un secolo o due, oggi avvengono in un decennio.

Questo bisogno di continuo rinnovamento non è altro che il bisogno di continua conversione, esteso al singolo religioso e alla Congregazione, nella sua dimensione umana e storica. Il vero problema non sta nelle novità ma piuttosto nel modo di affrontarle in sinodalità.  

Non è stato un cammino rettilineo e senza intoppi, nemmeno quello della Chiesa nascente. La decisione presa dagli apostoli di accogliere i pagani nella comunità, è risolta con queste straordinarie  parole: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi” (At 15, 28)». É la sinodalità. Davanti agli eventi, alle realtà politiche, sociali ed ecclesiali, siamo portati a schierarci subito da una parte e demonizzare quella avversa, a desiderare il trionfo della nostra scelta su quella degli avversari.

Proprio come quando scoppia una guerra, ognuno prega lo stesso Dio di dare la vittoria ai propri eserciti e annientare quelli del nemico. Papa Francesco, esorta invece a seguire lo Spirito in libertà e sinodalità, lo Spirito non va ingabbiato con un eccesso di regole, si metta in risalto il primato dell’amore di Dio, la dolcezza della sua Paternità e l’attenzione al mondo che cambia. Così hanno fatto i Fondatori davanti ai profondi cambiamenti che la decadenza e la caduta della repubblica di Venezia avevano provocato.

La sinodalità è “quell’atteggiamento della vita consacrata, che cresce nel silenzio, nella preghiera, nella carità, nel servizio, in ascolto dello Spirito”.

Papa Francesco racconta l’aneddoto di un generale della Compagnia di Gesù, padre Ledóchowski, che volle mettere “tutta la spiritualità dei gesuiti in un libro”, per “regolare tutto” e di quell’abate benedettino che leggendo il primo esemplare affermò che quel documento aveva ucciso la Compagnia di Gesù. Non sono i Decreti che salveranno la vita religiosa, ma il ritrovare l’entusiasmo nello Spirito Santo.

P. Diego Spadotto, CSCh

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