E ora: tutti a scuola!

Come hanno imparato, insegnato e educato P. Antonio e P. Marco Cavanis.

Formazione.
Formazione.

Hanno cominciato con nove ragazzini, tanta povertà e insicurezza ma, in più, un’immensa fiducia nell’amorosa Provvidenza Divina. Fattisi umili e poveri, sull’esempio del Maestro Gesù, poco a poco, hanno conquistato la fiducia filiale dei ragazzi, la stima delle autorità religiose e le critiche di quelle civili che si alternavano nel potere in Venezia. Una volta riuniti i giovani per poterli difendere e prevenire eventuali ricadute, i Cavanis sono stati veramente maestri nell’orientarli per farli arrivare alla formazione del comportamento e del cuore, che è il solo regolatore del senso della vita, contro ogni tentazione di vuoto esistenziale e di violenza.“Padri comprensivi e dolci, composti e modesti in ogni atto e in ogni parola, ispiravano rispetto e fiducia al solo vederli…la loro presenza portava gioia in mezzo ai ragazzi e per loro era una delizia starsene con i ragazzi”.

P. Antonio, il più anziano dei due fratelli, molto più presente con i ragazzi di P. Marco che era sempre alla ricerca di aiuti per il funzionamento dell’opera, “con creatività, a scuola promuoveva in tutti il profitto, edificava i ragazzi dall’altare celebrando, li istruiva con la catechesi, li metteva in guardia davanti al male e sapeva con parole giuste infiammarli al bene”. 

E’ l’esempio che convince nel campo dell’educazione. Cosi educarono Cavanis. Fecero sì che i giovani prendessero coscienza della loro situazione, li aiutarono a conoscersi e a essere autenticamente se stessi: “correggono senza nuocere…non si ritraevano se non quando avevano ottenuto l’intento, la prudenza nei ripieghi, la sagacia nell’invenzione e nell’uso dei mezzi, la sapienza nel cogliere il destro in ogni anche lieve incidente, l’universalità del disegno educativo che non doveva essere dimenticato da nessuno dei ragazzi formati nell’oratorio o nella scuola Cavanis”.

Il merito educativo dei Cavanis, poi, consiste “nell’aver conosciuto se stessi e il compito che era stato loro affidato…per questo la parola nella loro bocca aveva una forza indicibile e suppliva a qualsiasi altro limite umano…era sempre la verità e il cuore che parlava”. 

Il P. Sebastiano Casara che era stato uno dei ragazzi della scuola, a riguardo delle conferenze del P. Antonio, aggiunge: “erano sempre chiarissime e appropriate, fatte in tono familiare e in forma di dialogo…Ricordava tutto, spiegava, ampliava, applicava, provocava tutti a parlare, accoglieva e rifletteva su risposte e proposte e voleva che prendessero parte anche gli stessi bambini!”. Facendo degli esempi e toccando argomenti che facevano riferimento a persone conosciute, P. Antonio : “trovava sempre scuse, spiegazioni, argomenti per difendere la fama del prossimo anche nei suoi difetti: Anche di sbagli gravi e manifesti, non solo lui non ne parlava mai, ma si vedeva che gli dispiaceva che altri ne parlassero e divulgassero…”. 

Erano convinti che la gioventù maschile e femminile si rovinava con il “disordine e la scioperatezza”, cioè l’ozio. Ma i ragazzi “tolti dalla strada, affamati e pezzenti, vestiti, alimentati, provveduti del necessario per la mente e il cuore”, possono essere incamminati a diventare ottimi cittadini e cristiani. A quegli educatori che si scoraggiavano davanti alle difficoltà che incontravano nella scuola o nell’educazione in genere, perché avevano l’impressione che non ne valeva la pena ed era tutto inutile dedicarsi alla “feccia della plebe”, come pensavano le autorità accademiche dell’università di Padova, P. Antonio e P. Marco dicevano: “Non è vero che tutto sia perduto. Anche l’acqua che si versa su un crivello sembra che sia buttata inutilmente…ma non si può negare che anche il crivello ne resti bagnato”.
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P. Diego Spadotto

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