Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43,19)

Ormai, è cosa acquisita anche dentro la nostra Congregazione che stiamo assistendo alla fine di una certa “modalità” di vita consacrata.

Ormai, è cosa acquisita anche dentro la nostra Congregazione che stiamo assistendo alla fine di una certa “modalità” di vita consacrata. È una fine ma in vista di un processo per una nuova vita consacrata, differente da questa che sta scomparendo. In questa c’é ancora molta santità, specialmente nei religiosi anziani e in quelli che vivono nelle periferie esistenziali, in povertà autentica, in sincerità di vita e che non si sono lasciati corrompere dal potere, dal denaro e dalla grandezza e apparenza delle opere. Nella nuova vita consacrata, la missione non dovrà più essere confusa con le attività apostoliche e le Opere.

La missione è in primo luogo servitium caritatis, testimonianza, profezia, celebrazione, senza escludere attività pastorali, Opere educative e assistenziali, impegni per la giustizia e il creato. La missione di testimonianza per la vita consacrata è irrinunciabile, per non cadere nell’attivismo e nel funzionalismo. Essa non fa rumore come spesso fanno le Opere e il protagonismo. La realtà della testimonianza va oltre ciò che si vede e nella vita comunitaria si passa dal “fare il bene” e dalla semplice osservanza di leggi e tradizioni alla comunione, al “volersi bene”.

In molte occasioni le Opere dei religiosi tradiscono lo spirito iniziale, soprattutto quando non c’é più nessun religioso che si dedichi intensamente e personalmente ai ragazzi. È stata dato loro troppa importanza che ha nascosto la forza originaria del carisma dei Fondatori. La missione/testimonianza è strettamente legata alla realtà in continua trasformazione e al dialogo con essa: in questo luogo è necessaria quest’opera educativa? Come gestire le Opere e le varie attività in questa realtà? Un tempo la vita religiosa con i suoi edifici e le sue strutture, con l’alto numero di religiosi nelle comunità, trasmetteva messaggi saldi e radicamento territoriale, capace di rassicurare i propri membri e la comunità ecclesiale. Oggi, essa trasmette in forma debole e i suoi membri sono incerti e smarriti. Ora, i religiosi, come i discepoli di Emmaus devono ripartire umilmente dall’ascolto della Parola di Dio, superando la mentalità che lega la possibilità di vivere il carisma solo nelle Opere strutturate, e cominciare a pensare a forme agili e temporanee di servizio, che permettono di dare aiuto ai ragazzi in situazioni di bisogno ed emergenza.

Siamo pochi e smarriti? Ricordiamo gli esempi biblici citati spesso dai Fondatori e cerchiamoli nei loro Scritti e nella Positio: Gedeone, Davide, Ester, Giuditta, Debora…Dio sceglie i deboli per confondere i forti. E poi, cosa fare di fronte alla scarsità di vocazioni? Quale discernimento è necessario a riguardo di vocazioni con problemi abbastanza seri sul piano psicologico e spirituale? Sappiamo che nei momenti di scarsità si accetta “un po’ di tutto”, per portare avanti le Opere e le attività. Come preparare i missionari in modo da poter guardare al futuro, che Dio stesso sta preparando con creatività? Il “nuovo” sta nell’incontro, nel cercare insieme, nell’ascoltarci reciprocamente, nel ripensamento della formazione, per imparare dall’esperienza e dalla diversità. Cosa sarà delle scuole? Scuola sarà il nome che daremo alle relazioni che sopravviveranno alla chiusura degli edifici.

Affinché la speranza vinca sul potere ignoto della paura e dell’emergenza vocazionale, della crisi economica, bisogna prima recuperare l’intimità e la confidenza in Dio che “vede e provvede”: “Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro (Mt 6,25 – 34).

P. Diego Spadotto CSCh

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