Educatori in ginocchio in “spirito di orazione”

Il rinnovamento richiede fede, discernimento e coraggio per evitare danni e frustrazioni.

I religiosi e i laici Cavanis, in quest’Anno Santo e anno di Capitolo generale, vogliono con certezza che la storia della Congregazione delle Scuole di Carità continui nella Chiesa e, nello spesso tempo, inizi veri processi al cambiamento d’epoca, per affrontare le nuove sfide nel mondo dell’educazione della gioventù. Affinché questo avvenga, devono accettare di “morire a se stessi”, riconoscendo che “il nuovo e il vecchio”, cioè la storia Cavanis e le necessarie innovazioni, da sempre, hanno difficoltà a coesistere.

Il Vangelo ammonisce (Lc 5, 33-39): “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio, altrimenti egli strappa il nuovo e la toppa presa dal nuovo  non si adatta al vecchio. E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, e si versa fuori e gli otri vanno perduti. Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: il vecchio è più buono”.

Bisogna morire per “risorgere a vita nuova”, il “nuovo non va cucito nel vecchio”. É un rischio che va vissuto nella fede, con coraggiosi processi di discernimento e d’innovazione, per non provocare più danni che benefici e aumentare delusioni e frustrazioni. 

I religiosi e i laici Cavanis “veramente padri della gioventù”, “in ginocchio e in spirito di orazione”, hanno coscienza della difficoltà del “nuovo e del vecchio” di coesistere. Sanno che i ragazzi devono essere accolti e vissuti come “figli”, soprattutto quelli che fanno fatica e ritengono che la “disciplina” Cavanis, è “stretta”, e, come il “figlio prodigo” della parabola evangelica, vogliono giustamente fare la loro esperienza di vita.

Nella parabola il vero protagonista è il Padre, fiducioso anche quando accetta l’uscita di casa del figlio e lo attende “perduto e ritrovato” e dialoga paziente con pochi figli rimasti in casa come il figlio maggiore della parabola e che non sempre percepiscono che “tutto è loro”. Nella preghiera “O Cara Madre Maria” attribuita a P. Marco Cavanis, invocano la Madonna perché reprima con il suo potere “l’orrenda strage che fa il demonio di tanta povera figliolanza dispersa” e li aiuti a “raccogliere, custodire e orientare la povera figliolanza dispersa”. 

I Religiosi e laici Cavanis sono coscienti che il male continua a fare un’“orrenda strage” della gioventù? É ancora efficace l’impegno di raccoglierla, custodirla e orientarla? É per tutti evidente che dentro “l’ovile” della Chiesa, oratori, scuole cattoliche, associazioni, è rimasta solo “una” pecorella, le altre “novantanove” si sono smarrite? Come mantenere attiva la finalità della Congregazione: “La Congregazione delle Scuole di Carità, di fronte alle carenze e alle difficoltà dell’educazione e ai pericoli che la gioventù incontra nella sua crescita, è stata istituita principalmente per esercitare verso i giovani i doveri non tanto di maestro quanto di padre, in aiuto all’azione educativa della famiglia”, affinché i giovani siano formati a maturare un uso saggio della loro coscienza critica, e diventare “buoni cristiani” e “ottimi cittadini”? Le domande sono un invito a fare discernimento direttamente sul “campo”,come hanno fatto P. Antonio e P. Marco, e non stando seduti in un ufficio”.

Con la prima Scuola di Carità, gratuita e aperta a tutti, P. Antonio e P. Marco Cavanis hanno proclamato che la gratuità nell’educazione non può essere praticata solo nella sfera privata, come un’elemosina o un aiuto materiale, ma deve diventare un’azione pubblica che formi alla dignità, all’uguaglianza, all’onestà e alla giustizia sociale. La Carità e la gratuità non sono filantropia ma espressione dell’Amore del Padre Nostro, per costruire una società sulla centralità del principio del dono e della gratuità, con un rapporto educativo autorevole, sostenibile nel tempo, attraverso il consenso e la fiducia. I Cavanis sono “educatori in ginocchio, in spirito di orazione”, “pellegrini di speranza in attesa di frutto”, agiscono secondo il principio di sussidiarietà e con autorevolezza paterna

P. Diego Spadotto, CSCh

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