Il percorso di vita di Gesù va dalla mangiatoia alla croce verso la resurrezione

Il presente è l’“oggi” biblico, vissuto nell’incertezza e a volte con quella paura che da un punto di vista cristiano, è il contrario della fede, della fiducia in Dio.

Formazione.
Formazione.

Nel lungo cammino della storia, l’uomo ha elaborato due modi di fermare l’orologio: vivere nel passato o nel futuro, per paura del presente. Il presente è l’“oggi” biblico, vissuto nell’incertezza e a volte con quella paura che da un punto di vista cristiano, è il contrario della fede, della fiducia in Dio. Quando nell’”oggi” siamo costretti a fermarci, a cambiare repentinamente le abitudini della vita frenetica, la paura facilmente diventa panico. Avevamo investito tutto nel fare, nel produrre, nell’efficienza. Avevamo disimparato come si vive l’interiorità. 

Ora, essa ci spaventa, sembra il vuoto, diventiamo come animali in cattività. Avevamo confuso l’agitazione e il correre di qua e di là come “lavoro”, per sentirci capaci e forti. Bisognava vivere sempre di corsa se no cascava il mondo. Vivere con sé stessi in pienezza di interiorità, non lo sappiamo più fare. Ora, fermiamoci per ascoltare e imparare: “Perché nessuno ha il coraggio di dirsi che il mondo non è mai stato così poco cristiano come in questi anni? Perché nessuno osa riconoscere che la magniloquenza degli uomini politici, la grande parata dei sentimenti evangelici, le processioni dei falsi devoti servono soltanto a nascondere questa terribile verità: che non siamo più cristiani, che Cristo è morto nell’anima dei suoi discepoli, che l’ipocrisia ha contagiato la politica, la vita sociale, familiare, individuale?”(C.Malaparte). Anche dentro la Chiesa: “Guarda come ferve lo zelo degli ecclesiastici, ma solo per garantirsi il posto. Tutto viene fatto per la carriera e il ricevere elogi dalla gente: niente o ben poco per la santità(San Bernardo, 1153 – De considerazione).

Due pensieri forti e distanti nel tempo che aiutano a riflettere. Papa Francesco, con i suoi continui appelli a riguardo delle crisi attuali legate all’ambiente, all’economia, alla salute, chiede a ogni cristiano di assumersi le proprie responsabilità e di “decelerare” il così detto progresso. Per essere credibili fermiamoci e riflettiamo, nutriamoci di semplicità e povertà alla “mangiatoia” e  alla Croce, siamo figli di una “Chiesa  povera per i poveri”. Cento concetti non valgono un gesto d’amore e di solidarietà con i poveri:“La fede, ha il suo compimento non nell’enunciato verbale, ma nella realtà” (Tommaso d’Aquino). Per valutare gli effetti degli insegnamenti del Vangelo sulla nostra vita riflettiamo e atteniamoci all’analisi dei fatti, non alle nostre aspettative vissute sempre in agitazione. Anche la vita religiosa Cavanis va dalla “mangiatoia” alla “Croce”, ha bisogno di fare discernimento sui cambiamenti in atto e le evidenze. Non c’è guida sicura senza pensiero e spiritualità robusti. I rischi e le sabbie mobili abbondano. C’è sempre qualcuno alla ricerca di un palcoscenico e che sgomitola per trovare visibilità. A tutti è richiesta vigilanza e preghiera. “Se il padrone di casa sapesse a che ora vengono i ladri” (Lc 12,39)… il “padrone di casa” é ciascuno di noi, la “casa” è la nostra vita. E chi sono i ladri? Possono essere i pensieri negativi che inquinano il cuore e fanno perdere la pace, le evasioni e le fughe dalla realtà.

Nella vita di ciascuno di noi è decisivo sperimentare la debolezza, esperienza inevitabile che ci può dare la consapevolezza del non essere Dio ma creature “mancanti”, bisognose l’una della presenza e della cura dell’altra. Esperienza che può preservare, se la cecità non è dominante, dall’orgoglio, dal narcisismo e dal culto del proprio “io”. Vulnerabilità non è fragilità, per lo meno quella invocata, spesso come alibi, per giustificare le proprie mancanze e la propria indolenza. Gesù si è fatto vulnerabile con la sua incarnazione. Dalla vulnerabilità nasce la fraternità e “il cuore di pietra si trasforma in cuore di carne” (cfr Ez 11,19). La fragilità non sia una alibi che nasconde l’incapacità e la mancanza di fortezza di prendere in mano responsabilmente la propria vita. La fortezza non ha nulla a che vedere con la violenza o la durezza. La fortezza richiede coraggio, audacia, determinazione e soprattutto perseveranza. Molti difendono le fragilità altrui per difendere le proprie, amano strumentalizzare le fragilità altrui per conservare il potere che esercitano psicologicamente sugli altri. La virtù fortezza è un vero cardine della vita umana e cristiana.

P. Diego Spadotto CSCh

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