La paterna presenza di San Giuseppe nella vita dei padri Antonio e Marco Cavanis

Custode di Gesù e di Maria, Giuseppe “non può non essere custode della Chiesa”, e della Congregazione.

Archivio.
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“Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra”: con queste parole Papa Francesco descrive San Giuseppe nella Lettera apostolica Patris corde, pubblicata in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione dello Sposo di Maria quale Patrono della Chiesa cattolica.

Fu Pio IX, a volere questo titolo per San Giuseppe. Per celebrare tale ricorrenza, Francesco ha indetto un “Anno” dedicato a San Giuseppe. Sullo sfondo della Lettera apostolica, c’è la pandemia che ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Come San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta”. Così è stato San Giuseppe nella vita di P. Antonio e P. Marco Cavanis. 

Alcune annotazioni.

Nel 1827 “Il gloriosissimo Patriarca San Giuseppe Sposo della Beatissima Vergine nostra Madre” è proclamato dai Fondatori “Protettore speciale della nuova quarta parte di secolo” che stava iniziando.

Nel 1834 P. Marco scrive: “Tanti debiti abbiamo con San Giuseppe, che troppo è bene far degli sforzi particolari per promuoverne il culto e la devozione”…. “Deo gratias et S. Josepho qui pro nobis fuit propitius intercessor”.

Nel 1838: “Nella festa del Patrocinio di San Giuseppe, in quest’anno si può effettuare la fondazione perenne e l’erezione canonica dell’Istituto”.

Nel 1851: “Nella solennità del glorioso Patriarca San Giuseppe” i Fondatori scelgono di fare la vestizione di un chierico “per umiliare al gran Santo un tributo di religiosa riconoscenza, attribuendosi alla efficacia del possente suo Patrocinio da molto tempo quotidianamente implorato l’attuale movimento di postulanti al nostro Istituto dapprima sì abbandonato”.

San Giuseppe, ha espresso concretamente la sua paternità nell’aver fatto della sua vita un’oblazione di sé nell’amore posto a servizio di Gesù e Maria, con tenerezza paterna. Così han fatto i fratelli Cavanis dedicando tutta la loro vita ai giovani con vera paternità “tenerissima”. Con il suo sì a Dio Giuseppe salva Maria e Gesù, accoglie Maria senza condizioni preventive e, fiducioso nel Signore, accoglie nella sua vita anche gli avvenimenti che non comprende e porta la sua sposa e il Bambino in salvo dalle minacce di Erode.

Allo stesso modo P. Antonio e P. Marco Cavanis per ispirazione divina e udendo nella fede  le stesse parole che Dio disse a San Giuseppe “Non abbiate paura!”, abbandonano la loro casa per e dedicarsi a “tanta povera figliolanza dispersa”. La fede dà significato ad ogni evento lieto o triste e rende consapevoli che “Dio può far germogliare fiori tra le rocce”.

Come san Giuseppe non cercano scorciatoie, ma affrontano la realtà ad occhi aperti, assumendone la responsabilità e accogliendo ragazzi e giovani così come sono, con una predilezione per i deboli e più poveri.

 “Il coraggio creativo” di San Giuseppe, emerge nelle difficoltà. Così è stato anche per i Cavanis: trasformare i problemi in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza. Custode di Gesù e di Maria, Giuseppe “non può non essere custode della Chiesa”, e della Congregazione.

Guardando all’aggravarsi della situazione della gioventù nel mondo, bisogna rivedere le priorità di Congregazione: ogni bambino, giovane o famiglia siano paternamente custoditi. “Padri non si nasce, lo si diventa”, assumendosi la responsabilità dei più fragili, orfani di padri in grado di “introdurre i figli all’esperienza della vita”, senza “possederli”.

Giuseppe ha l’appellativo di “castissimo” che è “il contrario del possesso”, ha amato in maniera libera, non ha messo al centro della sua vita se stesso, ma Gesù e Maria. La sua felicità è nel dono silenzioso di sé. La sua figura è quanto mai esemplare, in un mondo che “ha bisogno di padri e rifiuta i padroni”, confonde carità con assistenzialismo. Giuseppe non è nato immacolato come Maria, è quello che più si avvicina a noi. Ma Dio ha affidato a lui quello che ha di più prezioso Gesù e la sua Madre. 

P. Diego Spadotto, CSCh

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