“Non risparmiare né fatica né denaro per educare i giovani”, diceva Padre Antonio Cavanis. Questa esortazione si è fatta sentire durante il camposcuola organizzato dalle Suore Cavanis dal 02 al 16 luglio 2018, a Bosentino, in Trentino.
Il gruppo, che doveva fare questo camposcuola di due settimane, contava 21 ragazzi, due assistenti, due religiosi Cavanis e tre Suore. Il gruppo stava per vivere un’esperienza speciale d’amicizia e d’intimità con gli altri e con Dio. Il primo momento di questa esperienza è stato il lungo viaggio, di circa 5 ore, che si doveva fare da Porcari, vivace cittadina alle porte di Lucca, dove vivono le Suore e la maggior parte dei ragazzi, a Bosentino.
Questo camposcuola non aveva solo il sapore di giochi ma era anche il colore di momenti di preghiera. In questo modo, la giornata cominciava e finiva con la Preghiera. I giochi organizzati erano di diversi tipo: calcio, corsa, dieci passi, dieci tiri, gioco del cieco, ruba-bandiera, forza 4, ecc. Insomma, tanti giochi diversi per coprire le due settimane del camposcuola.
Il camposcuola è stato un momento d’arricchimento per ognuno dei partecipanti. Non solo si è imparato a giocare ma si è anche imparato a stare con gli altri. È stato un momento di crescita perché ogni ragazzo si sforzava ad uscire dal proprio “ego” per incontrare l’altro così com’è, con le sue debolezze e le sue forze.
Questa esperienza rientra pienamente nella linea di quello che è il Carisma delle Suore Cavanis. Poiché le loro Costituzioni e Norme § 54 dicono: “L’educazione delle fanciulle e delle giovani è il primo apostolato della Pia Società, a cui tutte siamo disponibili, nei modi e nelle forme che l’obbedienza ci chiede”. La gioventù è molto preziosa per le Suore, che così cercano sempre ad essere fedeli alla parola del Vangelo: “Lasciate che i fanciulli vengano a me”(Mt 19, 13-15).
L’opera educativa è tanto vasta quanto sono vaste le necessità dei giovani; un camposcuola risulta essere mezzo importante per la loro formazione. In questo senso, le Suore si dedicano gratuitamente, come vere madri, all’azione educativa anche attraverso un camposcuola, accogliendo giovani di ogni classe sociale.
Alla fine di questo momento così prezioso, come lo è stato questo camposcuola, i ragazzi hanno sperimentato e sentito il calore materno delle Suore, a tal punto che hanno tutti espresso il desiderio di tornarci anche l’anno prossimo.
Margherita Teer-Braake, ad esempio, ha detto: “durante le colonie mi è piaciuto fare la caccia agli orsi ed andare in piscina poi anche i rapporti con gli amici. Ho apprezzato tanto il lavoro che fanno le suore per noi giovani”. Bianca, poi, si è espressa in questi termini: “mi è piaciuto stare con gli amici, giocando e parlando con loro. Dio benedica le suore affinché continuino sempre a fare quello che stanno facendo per i giovani”.
L’esperienza è stata per i ragazzi una testimonianza eloquente d’amore come dicono le Costituzioni e Norme delle suore al § 56: “[…] li accogliamo con amore, esercitando il compito più di madri che di maestre, secondo l’affermazione dei Padri Fondatori”.
Religioso Jérémie MUNDELE NAÏN, CSCh