Tessitori di fraternità e fratellanza

Ottobre Mese Missionario 2020.

L’economia è malata. In un mondo solcato da profonde disuguaglianze sociali, aggravate dalla pandemia, e da un modello economico spesso indifferente ai danni inflitti alla casa comune. La pandemia ci ha messo tutti in crisi. “Ma da una crisi non si può uscire uguali. O usciamo migliori, o usciamo peggiori. Questa è la nostra opzione. Pensiamoci. Possano le comunità umane del ventunesimo secolo recuperare questa realtà: la cura del creato e la giustizia sociale. Possano i giovani prendersi cura dei beni che il Creatore ci dona, mettendo in comune ciò che possediamo di energie e coraggio per rigenerare un mondo più sano e più equo”. I sintomi che rivelano una precisa patologia dell’umanità sono sintomi di disuguaglianza che rivelano un’economia malata. Ma questo modello di crescita economica sembra indifferente ai danni inflitti al creato, con conseguenze “gravi e irreversibili” come perdita della biodiversità, cambiamenti climatici, distruzione delle foreste tropicali. Siamo vicini a superare molti dei limiti del nostro meraviglioso pianeta. Disuguaglianze sociali e degrado ambientale hanno “la stessa radice: voler possedere e dominare gli altri più deboli, la natura e lo stesso Dio. Quando l’ossessione di possedere e dominare esclude milioni di persone dai beni primari; quando la disuguaglianza economica e tecnologica è tale da lacerare il tessuto sociale; e quando la dipendenza da un progresso materiale illimitato minaccia la casa comune, allora non possiamo stare a guardare. Questo è desolante”.

Amministratori dei beni, non padroni. Dio ha chiesto all’uomo di dominare la terra coltivandola e custodendola. Non quindi “carta bianca per fare della terra ciò che si vuole”, perché esiste una “relazione di reciprocità responsabile” fra noi e la natura. La terra infatti è stata data a tutto il genere umano e i suoi frutti devono arrivare a tutti, non solo ad alcuni. “L’uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri”. (Gaudium et Spes – Concilio Vaticano II). Quindi, come un amministratore della Provvidenza, far fruttificare i doni perché anche gli altri ne possano godere. Una regola d’oro del comportamento sociale evidenziata anche nella Laudato Sì: “la «subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni»”.  L’homo sapiens si deforma e diventa una specie di homo œconomicus, in senso deteriore, una specie di uomo individualista, calcolatore e dominatore. Ci dimentichiamo che, essendo creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo esseri sociali, creativi e solidali, capaci di amare. Di fatto, siamo gli esseri più cooperativi tra tutte le specie.

La pandemia continua ad essere uno tsunami; ha amplificato le differenze economiche, di genere, lavorative, ma ci ha anche fornito lo stimolo per “sguardi nuovi”. Anche alla Chiesa e, nella Chiesa, alla vita religiosa. Sappiamo che buona parte di ciò che ci aspetta dipende da come ci porremo: come cristiani abbiamo la responsabilità di non perdere la speranza e di essere “tessitori di fraternità”; non possiamo cadere nelle logiche di divisione.  Il futuro va preparato, non dobbiamo attenderlo passivamente. Insieme si può fare. La pandemia ci ha dunque atto scattare una sana reazione, invertendo la rotta del cammino. Quando si parla di bene comune la riflessione è quella del lavorare insieme e la metafora è quella di un corpo che funziona solo se ognuno fa la sua parte. I termini inglesi welfare e wellbeing, sono differenti da quello italiano di benessere. Lo star bene veramente è sempre legato agli altri: non è il benessere dell’avere, e del godere di un certo livello di ricchezza, che invece è molto individuale. Nonostante la pandemia ci sono segnali concreti di tessitori di fraternità. Tra la gioventù, in particolare. La pandemia ha fatto da catalizzatore di ciò che c’era già ed era latente: il tema del’attenzione dei giovani sia ai temi ambientali che ad un’economia diversa. Sono giovani che vogliono cambiare il mondo. Tutto questo ci dà speranza.

P. Diego Spadotto CSCh

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