Vocazione Cavanis: Annunciare e testimoniare il Vangelo ai giovani

Sintesi del simposio: “Uomo-donna immagine di Dio, un’antropologia delle vocazioni”

Il Simposio: “Uomo-donna immagine di Dio, un’antropologia delle vocazioni”, è stato organizzato dal “Centre de Recerche et d’Anthropologie des Vocations”, seconda tappa di un appuntamento iniziato nel 2022 con il Simposio “Teologia fondamentale del Sacerdozio”.

Esso, rappresenta un motivo di speranza e impegno vocazionale di fronte a una società sempre più secolarizzata, un’occasione per approfondire i temi dell’antropologia cristiana come il matrimonio, il sacerdozio e la vita consacrata, tenendo conto soprattutto delle sfide poste dal mondo contemporaneo con la domanda “A chi è diretta la chiamata di Dio?”.

Il Simposio pone diversi interrogativi all’alba di un salto qualitativo per la specie umana sulla cima di una mutazione “transumanista” resa possibile dalla tecno-scienza, dall’Intelligenza artificiale, dall’eccesso di comunicazione e stimolata dalla proliferazione di esperimenti biomolecolari e transgender.  

Il Simposio ha anche preso in considerazione che la maggioranza degli esseri umani vive in condizioni sub-umane, i giovani sono immersi in esperienze di solitudine, individualismo, consumismo, dipendenze, fenomeni che trovano le loro radici nella crisi della famiglia, nella scomparsa di validi punti di riferimento, acuiti da un’indifferenza globalizzata, dalle ideologie e da una crisi generalizzata della speranza.

La cultura del provvisorio favorisce un prolungamento indefinito dell’adolescenza, il rinvio delle decisioni e la paura del definitivo, generano una sorta di paralisi decisionale.

Le famiglie non educano i figli con una logica vocazionale ma alla ricerca del prestigio o del successo, l’ambizione dei genitori ha la tendenza a determinare le scelte dei figli, invadono lo spazio del discernimento e condizionano le decisioni. 

Le tendenze culturali contemporanee, sollevano molte domande e incertezze sull’identità umana e cristiana. Durante l’ultima Giornata mondiale della Gioventù i giovani hanno chiesto a gran voce a papa Francesco una Chiesa autentica, luminosa, trasparente, gioiosa che sappia comunicare con il linguaggio dei giovani: “Solo una Chiesa di santi può essere all’altezza di tale esigenza!”. 

Davanti al cambiamento epocale non si può più sognare un ritorno allo stato di cose precedente. I giovani dicono: se non comunichiamo, non esistiamo; può essere un po’ crudo ma è ciò che vivono con la rivoluzione digitale e social.

Allora, è bene prendere coscienza, a tutti i livelli, che la cultura digitale può avere le sue potenzialità nel campo dell’evangelizzazione, della pastorale vocazionale, della diffusione del carisma e per una comunicazione interna ed esterna che vada oltre la pura informazione.

La vita religiosa e la nostra missione educativa richiedono una dimensione comunicativa e una competenza che va inserita nei percorsi formativi per utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione con consapevolezza e saggezza; per rendere più visibile e conosciuto il carisma; per conoscere le possibilità e i limiti etici dell’intelligenza artificiale; per formare all’intelligenza artificiale e attraverso l’intelligenza artificiale.

L’Intelligenza artificiale sta cambiando il nostro approccio alle verità della fede, la vita liturgica, l’idea stessa di comunità e soggetto credente, come del resto hanno cominciato a fare il digitale e la pandemia. Viviamo un momento storico ben preciso in cui cambia la forma ma non l’oggetto del credere.

Cambia la prospettiva da cui guardiamo la vocazione alla vita religiosa e il mistero di Dio, ma non Dio in quanto tale. 

P. Diego Spadotto, CSCh

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